Chéri di Stephen Frears

Siamo nella Parigi di inizio ‘900 e le cortigiane fanno parte dei costumi del bel mondo come l’arte e la filosofia. Tra queste vi è Léa, un tempo bellissima e potente prostituta, che non più giovane, è soffocata dall’idea di invecchiare e quindi perdere il suo ascendente sugli uomini. L’occasione di riprendersi sé stessa le è presentata da Madame Peloux, sua ex-collega, che le affida il giovane figlio Chéri, per distoglierlo da una vita fatta di eccessi; i due, sotto il beneplacito di Madame Peloux, diventeranno amanti.
Pur essendo passato quasi in sordina, Chéri, è un’opera ben fatta soprattutto considerando le varie problematiche dell’adattamento letterario: trasferire sullo schermo un racconto noto al grande pubblico, qual è l’opera di Colette, è sempre difficoltoso per regista e sceneggiatore, che si trovano a dover rimaneggiare ciò che gli spettatori già conoscono.
Seguendo letteralmente il libro di Colette, Frears ci riesce, ricreando perfettamente gli ambienti dell’epoca attraverso una scenografia ripresa nei minimi dettagli dal libro di Colette, così come riportati con saggezza sono i dialoghi e soprattutto lo spirito di una Parigi ormai schiava dei suoi eccessi. L’epoca di “decadenza” è ripresa nel suo duplice significato: da un lato quello aureo del costume e dall’altro quello nero del senso di fini verso cui tutto quel mondo è oramai proiettato.
Chiusesi le porte, nelle stanze cupe si riscopre una Léa attanagliata dal terrore di non essere più attraente e di perdere il potere che, essendo una prostituta d’alto livello, ha da sempre esercitato nelle classi più elevate. Allo stesso modo Chéri, che in questo mondo ovattato vi è nato e cresciuto, è sconvolto dall’idea di scontrarsi con il reale.
In questo senso entrambi diventano pedine di un gioco destinato ad una fine, poiché l’uno trova la volontà di esistere solo nell’altro. Quando Chéri, infatti, sarà strappato da Léa e dalla sicurezza della madre e dell’amante, finirà per perire, come un ennesimo Dorian Gray, della propria bellezza.

3 commenti:

Salvatore ha detto...

I film in costume hanno sempre il loro fascino...se poi ad interpretare un ruolo è un'attrice bravissima e bellissima di Hollywood come Michelle Pfeiffer, allora ha già la sua garanzia! Pochi mesi fa però lessi una recensione di un giornalista, che avrà visto il film in anteprima, non proprio a favore di "Chèri". Ne ha parlato etichettandolo come film "noiosetto"...Mi auguro che si sia sbagliato!

Christian ha detto...

La critica l'ha in po' bistrattato, ma forse un po' per partito preso: a me non è dispiaciuto, siamo dalle parti delle "relazioni pericolose". E Colette era quasi una Oscar Wilde al femminile.

monia ha detto...

#salvatore: senza dubbio è un film affascinante...per quanto riguarda il "noiosetto" ovviamente dipende dai gusti personali; quello che posso dire è che certamente, dato il periodo e ciò che racconta non è davvero un film molto ritmato, un pò lento lo è...ma ripeto, dipende da ciò che si racconta, e in questo caso ci sta anche la lentezza :)
a presto, grazie della visita!

#christian: sì, infatti, secondo me non ha avuto senso bistrattarlo, è un buon film in costume e come ho scritto nella recensione non è affatto facile riportare un libro famoso come questo di colette sul grande schermo!
un saluto, a presto!