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Tre colori: Film Blu di Krzysztof Kieślowski


L’incipit di Film Blu è durissimo, si percepisce nell’aria rarefatta di ciano lo spettro della morte che incombe, la vita appesa ad un filo; si capisce che è una questione di secondi, l’esistenza è una fiamma labile che può spegnersi sempre.
Dopo lo schianto la solitudine di Julie è resa attraverso una prospettiva soggettiva, da quell’occhio con cui anche noi vediamo il televisore grazie al quale Julie può partecipare al funerale del marito e della piccola figlia. E’ un inizio faticoso ma per questo capace alla perfezione di rendere la vicenda della protagonista, di una donna che in un solo attimo ha perso tutto. Kieślowski ci accoglie così, attraverso il dolore ci apre la porta della mente di Julie, per capirla, non giudicarla ma sentirci vicino a lei, o in lei. La macchina da presa prende lo spettatore e lo porta dentro Julie. Il grande lavoro di Kieślowski, cineasta straordinario, non è stato solo quello di offrirci attraverso il film un ritratto particolareggiato che indaga nell’animo di una donna, che scandaglia il dolore di chi nonostante tutto deve continuare a vivere; ma esser stato capace di esprimerlo sfruttando al massimo e nella loro completezza le potenzialità che offre il cinema. I piani soggettivi, ad esempio, sono uno strumento favoloso per conseguire nell’intento di figurazione da parte dello spettatore, o lo schermo che per cinque volte si chiude a nero. Lo schermo stesso diviene la mente di Julie. Questo “chiudersi” sembra mimare un momento di stacco, di vuoto mentale.
La fotografia saggia lo spettro del colore blu, ricalcando in questo modo il titolo del film. Film Blu è, infatti, la prima pellicola che Kieślowski dedica al significato dei tre colori della bandiera francese cui seguiranno poi Film Bianco e Film Rosso, rispettivamente dedicati ai temi che animano -o dovrebbero animare- questi colori: libertà, uguaglianza e fraternità.
Le tonalità del blu sono riprese in tutta la pellicola: nelle luci, negli oggetti ordinari ma significativi per Julie. Il lecca-lecca blu che scopre nella borsa, lo stesso che stava mangiando sua figlia il giorno dell’incidente, o nei pendagli di vetro blu che inondano le stanze di una luce azzurrina. Come gli altri film della trilogia anche questo è visivamente favoloso; nel rendere questo blu Kieślowski non crea soltanto un film dove la storia ha un forte impatto emotivo, ma un film dov’è anche lo stesso impatto visivo a creare emozioni.
La protagonista assoluta è Julie: dopo l’incidente la vediamo sullo schermo per l’intera durata del film. Juliette Binoche è un’attrice grandiosa capace di esprimere attraverso una fisicità sussurrata l’enorme e folle dolore della protagonista. La macchina da presa, il mezzo cinematografico la segue, l’ analizza. Il metodo “scientifico” di Godard, la camera come microscopio, la vicenda la cellula che viene analizzata.
Kieślowski si chiede cosa sia la libertà, la libertà coincide per Julie con il dover chiudere ogni sorta di rapporto con il passato per poter ricominciare da zero, dal nulla. Il percorso affrontato da Julie nella nuova vita è scandito dai bagni in piscina. Una piscina colorata d’azzurro che sembra avere molteplici valenze. Se da un lato ripropone una tonalità del blu, ricalcando quindi una costante del film, dall’altro, ponendo l’accento sull’elemento acqua, si nota che attraverso i suoi significati simbolici si ritrovano i soggetti attorno ai quali ruota il film.
In ambito religioso l’acqua ha da sempre significato di purificazione. L’acqua trattiene in sé anche il principio della vita, ma, nell’immagine di acqua ferma (l’acqua della piscina è “ferma”, non scorre come, ad esempio, quella di un fiume) porta dentro di sé significato di morte. Quindi in quest’acqua rinveniamo la morte, quella esterna, la perdita oggettiva che adesso è anche dentro Julie; la vita, quella che fuori Julie esiste ancora ma che lei deve ritrovare e la necessità di liberarsi dal fardello del passato.
C’è nel film la vena cruda tipica di Kieslowski. Il passato non è edulcorato, non viene racchiuso nel roseo ricordo (Julie troverà l’amante del marito che aspetta un bambino). La sopravvivenza è intesa come una continua lotta dell’individuo che si combatte nella solitudine. Il fato è un burattinaio che muove gli uomini come marionette. Il corso degli eventi diventa l’immagine di una natura avversa a se stessa. Julie ad un certo punto del film troverà un topo con la sua cucciolata ma non avendo il coraggio di ucciderlo, si farà prestare il gatto dalla vicina.