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Marlon Brando - il fascino dell’ultimo divo


Prima che per i film stessi, Hollywood ha conosciuto la fama per i suoi protagonisti: una fucina d’attori che la magia del cinema aveva trasformato in vere e proprie divinità dell’epoca moderna. Nell’ordine del tempo, Marlon Brando è stato probabilmente l’ultimo attore ad incarnare in pieno tale modello: ha conosciuto il tempo della fama e della bellezza, quello dell’eccesso e dell’eccentricità fino all’ora del declino che, come storia vuole, consacra l’uomo a mito di celluloide. Fin dai primi film l’attore è identificato – soprattutto da un pubblico bigotto e superficiale– come il ragazzo dallo charme contraddittorio del duro ma sensibile, del bello ma anticonformista.Ad oggi risulta difficile riconoscere già da un film come Fronte del Porto, un simile ritratto: siamo nel 1954, agli albori del cammino, ma fin da questa pellicola Brando ha iniziato a strutturare i suoi personaggi in un modo differente rispetto a quello che il pubblico ha percepito, essi contengono un je n’sais quoi di stanchezza e disillusione che l’attore porterà (con tratti ancor più accentuati) nei due personaggi più rappresentativi della sua carriera, Paul di Ultimo Tango a Parigi e Don Vito Corleone de Il Padrino. In entrambi l’attore è un uomo profondamente segnato dalla vita nei cui occhi aleggia un sentore di morte, un uomo ormai deluso dall’esistenza. Questo divenire del personaggio si può assimilare al divenire dell’uomo, che, in effetti, fu segnato da numerose vicissitudini quali simpaticamente eccentriche, quali puramente tragiche.