2 ou 3 choses que je sais d’elle di Jean-Luc Godard


"Parto tranquillo sulla strada del sogno e dimentico il resto (…) Ho dimenticato tutto salvo che, poiché mi riducono a zero è da lì che bisognerà ripartire”.

Un piano, una tazza di caffè dove la schiuma si muove formando un piccolo vortice, una delle immagini più famose di 2 ou 3 choses que je sais d’elle. Come il vortice creato dalla società dei consumi, ambiente in cui viviamo e dal quale anche nostro malgrado siamo risucchiati. Ma questo gorgo potrebbe avere anche una valenza positiva, rappresentare un pensiero mutevole pronto a dubitare della realtà che lo avvolge.
Ispirato da un’inchiesta de Le Nouvel Observateur, “2 ou 3 choses que je sais d’elle” è il più scarno e acre tra i film del primo periodo. Gli ideali romantici di rivoluzione muoiono già con il volto dipinto d’azzurro di Pierrot. Il cinema di Godard si scompone: a diventare protagonista è l’immagine della quale si inizia a sperimentare profondamente il limite e la possibilità. La struttura già frammentata si svincola del tutto dalla narrazione canonica e l’interesse volge alla descrizione della società e ai rapporti che intercorrono tra oggetti e persone, evitando l’indagine rigorosa e procedendo per associazioni spontanee poiché come dirà Juliette: nessun evento è vissuto per se stesso, si scopre sempre che è legato a ciò che lo circonda. L’intenzione del film è proprio di creare uno sguardo sull’insieme mediante una struttura circolare dove vicende, oggetti e persone si uniscono in ordine di consequenzialità, oltre a rappresentare con questa forma la prigione che crea la società dei consumi dove l’uomo si racchiude consapevolmente come padrone fino a diventare inconsapevolmente schiavo del sistema che esso stesso contribuisce incessantemente a creare.
Elle è l’attrice e la donna, è Marina Vlady e Juliette Jeanson insieme soggetto ed oggetto della vita e del film. Ma elle è sopratutto la regione parigina di metà anni sessanta: passivamente pronta ad accogliere il cambiamento in forma di cubi di cemento. Il riassetto urbanistico di Parigi entra nel film da protagonista, palcoscenico vivente degli eventi. A muovere i fili “il je” di Godard, in forma di voce fuori campo spesso sussurrata e nascosta riflette sulla vita moderna e sulla crisi dell’ esistenza nella nuova società.
Il paragone con Vivre Sa Vie è spontaneo, naturale grazie all’ auto-citazione che vede riaffiorare il volto di Nanà come dipinto, allo stesso modo logico trattandosi di un film da cineasta. Entrambe prostitute, Nanà era però la donna destinata a vivre sa vie consapevole delle sue scelte e del suo destino, appagata nella sua libertà di decisione la vedevamo filosofeggiare immersa nella splendida luce di Coutard. Juliette è invece lucida, calcolatrice. E’ moglie e madre del tutto inglobata nel meccanismo. Non vede nella prostituzione il disegno di vita ma un mezzo per raggiungere uno scopo: comprare il superfluo che nella nuova società è divenuto indispensabile. La prostituzione in Godard (come peraltro più volte spiegato dal cineasta stesso), non è soltanto il mestiere in sé bensì una metafora molto più ampia dei rapporti che si vengono a creare tra l’ uomo e la società. La vendita del corpo equivale all’abnegazione che tutti compiono prima o poi per trovare un posto nella società. E’ quindi necessario uscire da questo loop.
Il riemergere dal meccanismo può avvenire soltanto dimenticando: se in molti film di Godard risuonano insistentemente le parole “vita” e “scelta” in 2 ou 3 choses que je sais d’elle la parola che risuona più spesse è “dimentico”.
Quello che è un cinema teso tra teatralità e veridicità di gusto neorealista nasconde spesso dietro il farsesco una complessità di spirito e una profondità notevole. I personaggi godardiani assorbono e si nutrono del periodo in cui vivono anche quando il film (e una lettura superficiale) li presenta come completamente avulsi dall’ ordine sociale. I protagonisti di 2 ou 3 choses que je sais d’elle, proprio per questa ragione ci appaiono del tutto ordinari. La loro alienazione nasce dalla percezione della società parigina dell’ epoca, la loro è quindi una maschera naturale fattagli indossare dal sistema. Soltanto quando riescono a liberarsi da questo limite in cui sono finiti possono riprendere coscienza del loro essere. E’ nel momento in cui i personaggi escono dalla vicenda che inizia la riflessione: l’azione si blocca e in ambienti molto spesso (e non a caso) riempiti di specchi gli attori, sguardo in macchina, smettono di prostituirsi e riprendono coscienza del loro essere.
Come i personaggi escono dal film per poter pensare così è necessario secondo Godard uscire dalla realtà in cui si vive per poter costruirne una nuova. Il mondo quantomeno irreale che nasce da questa scissione non si trasforma assolutamente in un luogo fittizio, ma nell’unica possibilità che ha l’uomo di liberarsi dal sistema.

pubblicato anche su CONTROREAZIONI

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo film di Godard lo sento nominare di continuo a quanto pare vale la pena di recuperarlo in qualche modo. Oltretutto quella famosa scena della tazzina è stata recuperata in Taxi Driver di Scorsese, che è uno dei miei film preferiti.

chiara ha detto...

ciao Monia, sono Chiara, come va? purtroppo ho dovuto apportare qualche piccola modifica all'articolo pubblicato su Controreazioni. l'immagine era fuori centro e purtroppo non ho potuto ripescare quella della tazzina da caffè. ho riproposto la copertina del film. grazie
ciao
http://controreazioni.wordpress.com/

monia ha detto...

al, si merita tantissimo come film (come tutti i film di godard del resto^^)... non è neanche difficile da reperire, si trova su dvd ta l' altro in un edizione ben curata! sai che non riesco a ricordare dove scorsese recupera questa scena in taxi-driver... se ripassi fammi sapere^^ a presto!

chiara, ciao! si ma va benissimo lo stesso, anzi ho visto che hai messo il video almeno si capisce meglio! non so se ti è arrivata la mia mail per il discorso link... li ho sistemati così, mi sembrano carini no?!^^
spero che il pezzo ti sia piaciuto! grazie a te, a presto!

Anonimo ha detto...

ciao Monia, scusami ma l'ho postato anch'io partendo dal commento che ti ho lasciato su controreazioni. Il clip video l'avevo già tagliato tempo fa. Ti lascio un'altro commento e richiesta su controreazioni. Saluti Nam

monia ha detto...

si, nam! poi lo leggo con calma, non c'è problema lo sai la discussione sul cinema è vitale ^^!

Anonimo ha detto...

Allora cercherò di recuperare presto questo film!! E spero tutto Godard...e comunque...in Taxi Driver la scena della tazzina è omaggiata quando Travis è al bar con i suoi colleghi e butta una pasticca effervescente nel suo bicchiere d'acqua. A seguire c'è un dettaglio sulle bolle prodotte dalla pasticca effervescente...;)

Luciano ha detto...

Complimenti per questa bellissima recensione. Deux ou trois choses... è un film incredibile. Sono d'accordo che qui la "storia" comincia a non essere più possibile: Cosa racconta Godard? Racconta la vita dei personaggi o studia il lavoro degli attori? Oppure dirige un documentario sulla ristrutturazione della banliue? E' un tentativo di uscire dalla storia (Pierrot le fou) per operare direttamente sul linguaggio? Un film che cresce, cresce dopo ogni visione.

monia ha detto...

al... sì mi sembra di ricordare qualcosa... devo proprio rivedere quel film! ciao, a presto

ah grazie luciano! aspettavo proprio il tuo commento, quanto a godard il vero esperto qui sei tu^^! concordo, ogni volta che si rivede questo film "cresce", è un film incredibile... stanno finendo le storie da raccontare! ciao!