Shadows di John Cassavetes


Ombre di anti-eroi nella città che non dorme mai, ombre di una generazione con un’identità non trovata. Shadows è l’esempio di un cinema che è riuscito a schivare le tendenze predominanti per crearne una propria. Uno di quegli esordi favolosi, che hanno la spontaneità di un nuovo cineasta e il coraggio dell’ originalità. Lontano dalla “fabbrica” hollywoodiana e nato nel clima innovatore del New American Cinema, si discosta anche da quest’ultimo rifuggendo lo spiccato sperimentalismo delle avanguardie newyorkesi. Un cinema che quindi si distacca dai modelli americani del periodo per trovare un’identità, e nel quale casomai si può rinvenire una matrice di stampo più europeo.
In Shadows predomina l’intenzione di raccontare attraverso la realtà, di creare la finzione basandosi sulla quotidianità e l’interessante volontà di cercare l’aspetto narrativo in un cinema diretto.
Il film non ha una storia vera e propria, si pone piuttosto come un episodio che non ci presenta né un’inizio né una fine evidente; è una scena aperta al cui interno si articolano atti che raccontano una parte di vita di Hugh, Ben e Leila, tre fratelli neri nella New York della fine degli anni ’50.
Cassavetes ha scavalcato sapientemente il binomio razziale bianco/nero, smitizzando una retorica contrapposizione che, nel cinema americano, è spesso presente. L’esempio palese è Leila: il bianco e nero della fotografia non ci fa capire di quale “colore” sia, la confusione visiva diventa l’incentivo per non guardare la persona esteriormente, per ciò che appare, ma piuttosto per guardare la sua interiorità. Cassavetes ha presentato personaggi/persone senza sentire il bisogno di racchiudere l’uomo in etichette e categorie, ma ha cercato di accomunarlo per le esigenze dell’anima. Quello che interessò a Cassavetes era mostrare uno stralcio dei comportamenti di una nuova generazione, una generazione disimpegnata, allo sbando.
La costruzione di questa realtà reale, non si attua però nei tempi lunghi dei piano sequenza o nell’eccessivo indugiare sui tempi morti. Esaurito qualche punto, come i primi piani dei volti attraverso i quali cerca di esteriorizzare i sentimenti intimi dei protagonisti, è abbastanza canonico e funzionale allo svolgersi della pellicola. Come il montaggio che sembra voler rassicurare lo spettatore, nessuno si sente spiazzato dal montaggio o dalle inquadrature, considerando anche che siamo in un periodo dove il lavoro sulla forma ha creato opere ben più rocambolesche. La macchina da presa di Cassavetes prova a ricostruire ciò che altrimenti sarebbe stato incomprensibile, in modo che montaggio e macchina da presa organizzino un racconto che a priori non c’era. Ciò che rende Shadows interessante è il fatto che il film riesce a lasciare del tutto all’improvvisazione dei protagonisti, il suo stesso svolgersi. La storia non è stabilita, si costruisce mano a mano attraverso gli incontri, le discussioni, i dialoghi tra i protagonisti; c’è quindi ad ogni livello l’intreccio con l’esistenza, poiché Cassavetes non solo ha mostrato la vita ma ha fatto sì che proprio come questa si svolge passo a passo allo stesso modo il film si costruisca piano per piano; e lo spettatore è coinvolto proprio da questo continuo work in progress che soltanto alla fine donerà un’immagine apparentemente compiuta.

9 commenti:

M.S. ha detto...

deve essere meraviglioso a giudicare da quello che leggo.

monia ha detto...

sì, un gran bel film, da vedere!

Anonimo ha detto...

OttimO!
Ps. ho appena aperto un blog sul cinema, quando vuoi vieni a dare un'occhiata .... e lascia un commento! :) Ciao!

Luciano ha detto...

Uno dei suoi migliori film. Forse il migliore insieme a Mariti e Una moglie.

Ale55andra ha detto...

Film per me davvero straordinario che ha contribuito a farmi innamorare di Cassavetes. Giustamente hai citato i bellissimi primi piani, davvero molto funzionali a trasmettere le interiorità più profonde dei protagonisti.

monia ha detto...

#cinematto: grazie! passerò a vedere il tuo blog, a presto!

#luciano: concordo, anche se me ne mancano ancora.

#ale55andra: per me è stato colpo di fulmine^^! quei primi piani sono splendidi, poesia pura.

un saluto a tutti!

Anonimo ha detto...

l'ho visto proprio oggi, è molto interessante come film, sono d'accordo con quello che hai scritto, in effetti i primi piani li ho trovati molto funzionali nel catturare nell'espressività dei volti quello che i personaggi non dicono apertamente. E' il primo film di Cassavetes che guardo, sembra un autore affascinante, sapreste consigliarmi qualche altro suo bel film?

Dottor Benway ha detto...

Il cinema americano dis-hollywodizzato.

monia ha detto...

j.doinel: è un film che piace molto anche a me, cassavetes è un autore molto importante del panorama cosidetto "underground" americano, per quanto riguarda film da consigliarti non saprei... per ora ho visto solo questo ^^

dottor benway: eh si, cinema americano all' europea^^