La Notte di Michelangelo Antonioni


Nei lunghi piani dove l’interesse si sposta dall’azione a corpi e ambienti il tempo assume una gravità che spesso sembra opprimere lo spettatore. Una sensazione apparentemente negativa che è invece una delle peculiarità dell’innovativo linguaggio cinematografico di Antonioni: trasmettere attraverso l’immagine la psicologia dei personaggi delineandone il lato emotivo che si trasferisce dallo schermo allo spettatore. Definito il film dell’”incomunicabilità”, La Notte riesce a farci percepire la stessa gabbia invisibile che attanaglia i suoi protagonisti, la parziale incapacità di comprenderla e quindi di rifuggirla.
L’intero film diventa una sorta di vetrina dove i corpi si dispongono come automi, ignari della loro esistenza, incapaci di carpire la realtà di un mondo che basandosi sulla falsità e la precarietà dei rapporti si fa di giorno in giorno più fittizio; le mura che s’ innalzano tra i personaggi, nella società come nella coppia, si rivelano spesso nei piani dove la cinepresa si allontana tanto da creare un vuoto fisico che mima quello psicologico e il quadro si compone tra grandi pareti bianche e i soggetti che vicini ad esse diventano sempre più piccoli, inutili all’occhio della macchina come alla loro stessa vita. Dalla forma di dramma psicologico non trapela insofferenza verso la società ma immobilità, la noia di chi non riesce a ribellarsi all’ambiente, solo apparentemente vitale, che lo circonda. Siamo nella dolce vita milanese dei primi anni sessanta, dominata da imprenditori bramosi di vivere un eterno presente dove gli intellettuali privi di coscienza e amanti della mondanità altro non sono che orpelli per miliardari annoiati.
La Notte del titolo fa riferimento al centro narrativo del film, la festa in villa in onore di un cavallo da corsa. L’intera sequenza che ricorda insieme sia La Dolce Vita (girato nello stesso periodo) che La Règle du Jeu di Jean Renoir è un lungo delinearsi di quest’ambiente borghese sull’orlo del collasso. Ma se nel film di Fellini i personaggi sono immersi nell’assurdo e ne La Règle du Jeu i protagonisti sono del tutto consapevoli di vivere la vita come una farsa, gli eroi di Antonioni sono completamente succubi della loro menzogna tanto da non potersene accorgere. E’ interessante notare come in questa pellicola dove i soggetti sono incapaci di comunicare tra loro sia in qualche senso protagonista la parola. Intellettuali e imprenditori basano il loro essere sulla capacità di esprimersi, le loro parole possono sia aprire orizzonti che chiuderli, illuminare o dissimulare la realtà. Ed è appunto questa parola che paradossalmente non permette ai personaggi di comunicare.
Questo gioco tra noia e vitalità, verità e menzogna sembra incidersi fin dai titoli di testa dove la lunga panoramica su una Milano in fermento si chiude dissolvendosi sul volto di un uomo in fin di vita. La morte, reale, rispecchia la morte inconsapevole di una società che muove i suoi primi passi. Tommaso, amico di Lidia e Giovanni avverte solo alla fine dei suoi giorni quello che i personaggi ancora non riescono a comprendere, la vita così vissuta è una menzogna che inviluppa gli uomini senza che questi se ne accorgano. “E’ incredibile come non si ha voglia di fingere ad un certo momento” sono le parole di Tommaso che sembrano non sfiorare Giovanni ma che nel profondo toccano Lidia.
La donna è spesso nei film di Antonioni l’unica in grado di cogliere un senso di malessere della società riflesso però dallo schermo del microcosmo della crisi coniugale; in questo caso l’unica a percepire qualcosa è proprio Lidia, interpretata da un’imperturbabile Jeanne Moreau, la sua crisi esistenziale cerca da un lato di smuoverla, di riportarla all’azione ma dall’altro la blocca all’interno della coppia. Se ne Il Deserto Rosso, la crisi della protagonista sarà compresa, elaborata e manifestata nella nevrosi, quella di Lidia si risolverà solo nell’esteriorità, nella ricerca di un nuovo sentimento d’amore per il marito.

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12 commenti:

Anonimo ha detto...

Ohhh che film Monia!! E comunque tanti auguri di buone feste!!

monia ha detto...

...un grandissimo film :)!! buone feste anche a te!!!

Christian ha detto...

Un film bellissimo. E che attori...!
Auguri!

Anonimo ha detto...

CIAO MONIA,
QUIIL NUOVO ANNO E' ARRIVATO IN ANTICIPO DI QUALCHE ORA.
APPROFITTO DELL'ANTICIPO PER AUGURARE A TE ED AI TUOI LETTORI I MIGLIORI AUGURI PER L'ANNO CHE VERRA'
BUONCINEMA A TUTTI

NICKOFTIME

Anonimo ha detto...

Auguri per un buon 2009 Monia!!

Luciano ha detto...

Un film notevole che ogni tanto devo rivedere. Auguri e Buon Anno!

Anonimo ha detto...

Auguri di Buon Anno Cinefilomane. Poi via msn ti mando qualche foto di Parigi; oggi ero sul luogo di Le due inglesi e il continente. Ciao Walt

monia ha detto...

risposta collettiva ^_^: buon anno e buona befana a tutti!!!

Anonimo ha detto...

ma quanto mi piace Jeanne Moreau in questo film?! E' perfetta!

monia ha detto...

eh, jeanne moreau è jeanne moreau... una delle attrici più "belle", in tutti i sensi che comprende questa parola!

42nd parallel ha detto...

L'apice della sua bellezza (estetica) comunque ritengo sia in Grisbì del '54...Grande Antonioni, grande film, forse il meno "distaccato" e il più caldo del maestro, o almeno è questo l'effetto che mi ha fatto...

monia ha detto...

mi manca, ma recupererò^^