La scelta di destituire l’antico fondatore della Cinémathèque dal suo incarico risuonò nell’ambiente come una costrizione immotivata, Henri Langlois era già all’epoca una figura di riferimento per cineasti, critici e attori di tutto il mondo: con la sua persona simboleggiava la forza dell’amore incontrastato per la pellicola. A molti apparve più che una scelta mirata a migliorare, un sopruso, tanto più che il nuovo direttore si mise in fretta a cambiare addirittura le serrature dell’edificio al punto che Marie Epstein, una delle segretarie di Langlois -anch’ esse licenziate senza preavviso, come il resto del suo entourage- vi rimase addirittura chiusa dentro.
Le proteste non tardarono ad iniziare, appena dilagata la notizia venne creato il Comité de Défense de la Cinémathèque, con sede nella redazione dei Cahiers du Cinéma al quale molti cineasti della Nouvelle Vague, ed in particolare François Truffaut (nel periodo occupato anche alle riprese di Baisers Volés) vi presero parte attivamente. Da mattina a sera si raccoglievano firme e si chiedeva ai registi di bloccare le proiezioni dei loro film che dovevano avvenire alla cinémathèque; in tal modo in poco tempo le sale sarebbero rimaste a corto di pellicole, l’istituzione non avrebbe più avuto ragione di esistere e il nuovo direttore -e in particolar modo il Ministro Malraux- sarebbe stato costretto a rivedere le proprie scelte.
Una prima manifestazione, del tutto pacifica, si svolse subito pochi giorni dopo; vi parteciparono quelle che all’epoca erano le figure di spicco dell’ambiente cinematografico: Jean-Luc Godard, François Truffaut, Alain Resnais, Jacques Rivette, Jean-Pierre Léaud, Jean Eustache, Michel Piccoli solo per citare alcuni nomi. Accanto a queste nuove generazioni, più attive e politicizzate, si affiancò la vecchia guardia dei Michel Carnè e dei Nicholas Ray, al tempo il cineasta americano più amato in Francia. Presto si ebbe solidarietà anche da personalità più influenti, telegrammi di sostegno arrivarono dagli Stati Uniti da registi del calibro di Charlie Chaplin, Fritz Lang e Dreyer.
Una settimana più tardi si svolse una nuova manifestazione, gli animi si fecero più accesi e vi furono svariati scontri con la polizia che attaccò la folla, la quale sentendosi aggredita iniziò a lanciare sassi al Palais de Chaillot (sede della Cinémathèque) si ruppero i vetri e si aprirono le finestre per entrare nell’edificio: ciò provocò un nuovo intervento della polizia ed alcuni arresti.
Un mese più tardi vi fu l’ultima manifestazione, l’unica delle quali vide la partecipazione attiva di Daniel Cohen Bendit; il futuro leader del Maggio Francese tenette desti gli animi asserendo che il “caso Langlois” poteva esulare dall’ambiente strettamente cinematografico per rifarsi ad un discorso più ampio sull’abuso di potere e di come questo può essere combattuto da una coalizione popolare; è vero, infatti, che gli avvenimenti che si tennero dal 6 febbraio al 23 aprile 1968, videro la partecipazione attiva di una classe di lavoratori, tali erano non solo le personalità più evidenti come cineasti, attori e critici, ma tutti coloro che lavoravano nell’ambiente cinematografico; queste persone riuscirono difatti a destabilizzare, (dal basso) un potere “alto” come quello del Governo francese; tanto che, spesso, si sottolinea che gli scontri avvenuti in questo periodo furono insieme l’inizio e una delle cause del Maggio.
Dopo due mesi e mezzo di contestazioni alla Cinémathèque venne convocata un’assemblea generale che rimise in carica Henri Langlois, era il 23 aprile del 1968 e il “popolo” del cinema francese aveva vinto la sua battaglia. L’evento tanto atteso fu festeggiato a dovere con la proiezione di una copia svizzera, ancora inedita, de “Il Circo” di Charlie Chaplin.