Bella di Giorno di Luis Buñuel

L’oscillazione tra il sogno e la realtà, l’ordinario e lo straordinario che si fondono assieme fino a confondersi.
Che Bella di Giorno sia un film interessante e dalle molteplici sfaccettature non c’è ombra di dubbio, guardandolo però la cosa che più ha intrigato è stata la simbologia. Il fatto che la maggior parte degli elementi siano predisposti con la sapienza di un gran maestro del surrealismo, capace di mostrare il significato recondito dello spirito umano attraverso oggetti che potrebbero sembrare banali. Ogni simbolo ha evocato significati che hanno a loro volta mostrato sentimenti, schiudendo un labirintico mondo onirico nel quale non si finisce mai di trovare e scoprire.
Séverine (Catherine Deneuve) è una donna insoddisfatta che gli eventi e la banalità della vita borghese hanno reso frigida e distaccata. Nell’estremo tentativo di ritrovare se stessa finirà per prostituirsi e diventerà così Bella di Giorno.
La storia oscilla tra i due mondi, quello onirico della fantasia e del desiderio e quello della realtà, del vivere quotidiano. Buñuel rappresenta così un elemento basilare del surrealismo, quello del sogno inteso come momento di liberazione dove l’essere umano esprime il suo istinto reale, diventando allo stesso tempo luogo di rifugio contrapposto al mondo. Séverine prostituendosi da vita reale ai suoi sogni e attraverso questo comportamento considerato immorale e corrotto cercherà in una sorta di analisi di ritrovare se stessa. La casa di madame Anaïs diventa così una specie di limbo tra il reale e l’irreale.
Il reale rappresentato dalle colleghe, che si prostituiscono per un bisogno prettamente materiale e che la sentono diversa da loro chi sei? chiede Charlotte guardando i bei vestiti di Séverine; d’altro lato l’ irreale: il professore dalle bizzarre fantasie sessuali e il cinese dalla scatola misteriosa che parlando una lingua a loro incomprensibile si relega automaticamente nel mondo dell’ ignoto.
I sogni di Séverine risultano poi essere particolarmente interessanti soprattutto nel significato simbolico.
La costante dei sogni è il suono di campane e campanelli. Da sempre la campana ha significato di avvertimento (le campane della chiesa che segnano il fluire del tempo, che avvisano dell’ inizio e della fine della messa). Con questo suono sembra quasi avvertire gli spettatori che è l’ inizio del sogno. Un altro elemento caratteristico dei sogni di Séverine è il paesaggio autunnale, e se, da una parte l’ autunno è il momento che associamo alla tristezza, al cadere delle foglie, all’ arrivo dell’ inverno e più generalmente all’ idea di fine e morte, qui Buñuel sembra soffermarsi sul significato del colore emblema dell’ autunno: il marrone, che rappresenta infatti la soddisfazione del desiderio sessuale e la necessità di essere liberati da ciò che opprime.
Due sembrerebbero essere i sogni cui il regista a voluto dare più rilievo: il sogno della mandria e quello del rito necrofilo.
Il sogno della mandria è il sogno che rappresenta la svolta, dove Séverine indossa per l’ ultima volta i panni della vittima. E’ il sogno con più richiami alla situazione reale di Séverine.
Pierre e Husson curano una mandria di bestiame nella Camargue. I due uomini sono intorno al fuoco, riscaldano una zuppa e Pierre esclama: “E’ gelata, non riesco a scaldarla” è il primo e chiaro riferimento alla moglie, con la quale ha un rapporto distaccato. Alla domanda che ore sono invece risponde “Dalle due alle cinque, ma non più tardi delle cinque!”, il momento in cui Séverine è a casa di madame Anaïs (sentiamo spesso ripetere Séverine ma non più tardi delle 5).
“Hai tori si danno gli stessi nomi come ai gatti?”
Qui si introduce un altro elemento ricco di significati simbolici, il gatto; sarà proprio il miagolio a diventare un’ altra consuetudine nei sogni di Séverine e ad introdurli insieme al suono delle campane.
Il gatto animale misterioso nella sua storia adorato o bistrattato è stato spesso il simbolo della magia, del maligno di un mondo notturno e ignoto. Eppure qui risulta avere una valenza del tutto positiva: attraverso il miagolio insieme alle campane saranno introdotti sogni che, come avevo accennato, vedranno la presa di coscienza di Séverine che si trasforma anche nel mondo onirico in fautrice dei suoi desideri, non sognandosi più come oggetto passivo ma bensì come elemento attivo e conscio delle sue decisioni. Il gatto è da un lato la sentinella che con il miagolio ci avverte dell’ entrata nel sogno, dall’ altra è (in Freud) l’ eterno femmineo, simbolo della donna padrona di se stessa.
Nel sogno del rito necrofilo si vede in un primo tempo una Séverine pacata che sorseggia latte (simbolo della vita e della purezza) al Bois de Boulogne. L’ ambientazione belle époque esplica che siamo nella realtà altra. L’ incontro con il duca e il dialogo tra i due si presenta come uno scambio di battute surreale dove in ogni parola è celata l’ idea di morte (la gatta, la notte, il sole nero). Séverine acconsente di prendere parte ad uno strano rito che verrà compiuto nella villa del duca.
Come si è visto fino a questo punto tutto il film è incentrato sulla figura di Séverine, ogni altro personaggio diventa marginale e ruota intorno alla complessa caratterizzazione psicologica della protagonista. Ne è un esempio anche il muoversi stesso della macchina da presa: molti eventi accadono fuori dal quadro e ci sono presentati soltanto attraverso le espressioni del volto di Séverine.

Ad assumere il ruolo di personaggio dalla svolta è Marcel interpretato da un più che mai fascinoso Pierre Clémenti. Fin dal suo esordio si capisce che sarà colui che cambierà gli equilibri della storia.
Il lungo impermeabile nero, la pelle diafana, i denti argentati fanno di Marcel l’ anima dannata, capace di sentimenti estremi di amore e morte. Sarà l’ unico a imporsi veramente a Séverine volendo amarla anche di notte. Un personaggio del tutto teatrale sia nella caratterizzazione fisica, ma anche e soprattutto della mimica e nella gestualità: i movimenti del bastone, la voce cadenzata, le espressioni del volto ne fanno una maschera. Clementi sembra muoversi tra gli ambienti del film come su un palcoscenico, con una presenza, che al pari di quella di Séverine relega gli altri attori a spettatori.

3 commenti:

Martin ha detto...

Mi riprometto di vederlo al più presto, che tanto presto poi alla fine non sarà visto l'accumulo di cose da vedere.
Ma prima o poi...

monia ha detto...

sapessi io quanti film mi riprometto di vedere... ce ne sono talmente tanti che finisco anche per dimenticare che li volevo vedere ^^! però questo merita davvero una visione è un film straordinario.

Anonimo ha detto...

Ho visto il film ieri sera, ho trovato la recensione che ne avete fatto molto interessante che mi ha aiutato ad individuare alcuni particolari che mi erano sfuggiti.
Però correggete alcuni errori, a senza acca, da invece di dà, e il terribile "Hai tori si danno gli stessi...". E'un vero peccato che in un contesto come questo non si deve commettere. Ciao!